Diritto alla riparazione: pulire il pianeta sporcandoci le mani

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Diritto alla riparazione: pulire il pianeta sporcandoci le mani

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Diritto alla riparazione: pulire il pianeta sporcandoci le mani

A cura di Stefano Treu – Gruppo Giovani di Animaimpresa

Uno dei principali problemi relativi alla gestione dei rifiuti riguarda lo smaltimento degli apparecchi elettrici ed elettronici al termine del loro ciclo di vita, i cosiddetti RAEE. Ciò dipende non solo dall’elevata quantità di simili prodotti conferiti quotidianamente in discarica, in Italia così come in Europa, ma anche da un’intrinseca complessità nel trattamento degli stessi. Si pensi che, considerando i paesi dell’Unione Europea, nel 2018 in media veniva riciclato meno del 40% del totale dei RAEE (l’ultimo dato disponibile per l’Italia risale al 2015, quando questa percentuale per noi si attestava al 32.1%)[1].

Riconosciuto da tempo il problema, l’Unione Europea ha iniziato a muovere i primi concreti passi verso un modello di produzione e consumo più sostenibile e anche più coerente rispetto le attuali difficoltà sopracitate. Da marzo dello scorso anno è infatti entrato in vigore il regolamento UE 2021/341 inerente alla progettazione, e commercializzazione, ecocompatibile per alcuni prodotti, nello specifico: motori elettrici e variatori di velocità, apparecchi di refrigerazione di varia natura, sorgenti luminose e unità di alimentazione separate, display elettronici (quindi anche televisori), lavastoviglie, lavatrici e lavasciuga, server e unità di archiviazione dati e vending machine refrigerate.

L’idea alla base di questo regolamento è quella di rendere più semplice e conveniente la riparazione, obbligando i produttori a mettere a disposizione dei riparatori professionisti, anche per diversi anni successivi all’uscita dal mercato di un modello, alcuni pezzi di ricambio considerati essenziali e i relativi manuali tecnici di riparazione. Discorso analogo, seppur limitato a un sottoinsieme di prodotti, anche per i consumatori che volessero dedicarsi al “fai da te”.

[1] Dati Eurostat: https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/cei_wm050/default/bar?lang=en

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Tutto ciò rappresenta sicuramente un primo passo importante a tutela dell’ambiente, ma anche dei consumatori, spesso spinti verso l’acquisto di nuovi prodotti a causa dell’impossibilità, o scarsa convenienza, della riparazione. Come detto appunto, un primo passo, questo, non solo perché non viene fatto riferimento ai prezzi dei componenti di ricambio, fattore spesso decisivo, ma anche perché i tempi per reperire questi pezzi sono relativamente lunghi; si parla infatti di 15 giorni lavorativi per la consegna, e ciò rappresenta un problema oggettivo se pensiamo a una lavatrice o a un frigorifero. Oltre a questo, un altro punto critico consiste nel fatto che sono esclusi da questo regolamento due dei prodotti più soggetti all’obsolescenza programmata: cellulari e computer.

Fortunatamente, almeno per questo ultimo problema ci sono comunque alternative che contribuiscono a ridurre il conferimento di questi prodotti in discarica, valorizzandoli nuovamente e dando loro nuova vita. Tramite il ricondizionamento o la rigenerazione di prodotti quali smartphone o pc è possibile offrire ai consumatori alternative di qualità ed economicamente vantaggiose, assicurando loro anche una garanzia sull’acquisto per tutelarli da eventuali malfunzionamenti o difetti.

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La diffusione di pratiche legate alla riparazione è un fenomeno che sta progressivamente dilagando in tutto il mondo e non è limitato solamente agli apparecchi elettrici ed elettronici, ma comprende oggetti di uso quotidiano che altrimenti verrebbero abbandonati in discarica, come ad esempio biciclette, mobili o complementi d’arredo ingombranti.

Nasce nel Nord Europa, in Olanda per la precisione, il primo Repair Cafè, luogo simbolo dell’economia circolare e culla della cultura della riparazione. All’interno di questi locali, vi sono vere e proprie postazioni di lavoro che ospitano addetti specializzati che, su base volontaria, riparano gli oggetti insieme ai loro proprietari, illustrando passo dopo passo l’intero processo di riparazione, proprio come se si trattasse di una lezione pratica.

Questa interazione mira a instaurare un rapporto tra chi ripara e il possessore dell’oggetto, in modo da trasmettere le competenze necessarie per riparare autonomamente un altro possibile guasto, senza ricorrere all’assistenza.

I Repair Cafè sono luoghi in cui si assiste alla circolazione e alla trasmissione di competenze, alla coesione sociale tra persone che condividono gli stessi valori, ma non solo. Infatti, i volontari più giovani possono usufruire dei Cafè come palestre in cui mettere in pratica il proprio know-how ed esercitarsi per entrare nel mondo del lavoro.

Vale la pena sottolineare l’esistenza di diverse iniziative locali presenti in Friuli Venezia Giulia inerenti a questa tematica e, più in generale, al riutilizzo e alla rivalorizzazione dei prodotti.

Alcuni esempi sono stati riportati nel corso degli incontri del Giugno Circolare promossi dal Comune di Udine, Federconsumatori e Agenzia per l’Energia FVG (Webinar “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si usa” giovedì 17 giugno 2021). Tra le testimonianze, quella dell’associazione di promozione sociale Maistrassà di Gemona, che con il supporto di numerosi volontari, recupera e ripropone beni usati, garantendo loro un destino diverso dalla discarica, e quella della Ciclofficina sociale di aBicitUdine, un luogo in cui, sotto l’occhio attento ed esperto di meccanici specializzati, i cittadini possono imparare a compiere piccoli lavori di manutenzione ordinaria alle proprie biciclette.

Infine, se anche voi volete cimentarvi nella riparazione di un oggetto che non avete il coraggio di abbandonare in discarica, potete rimboccarvi le maniche e visitare uno dei numerosi Repair Cafè presenti sul territorio nazionale: Repair Cafè di Perugia, Repair Cafè di Venezia, Aggiustotutto Repair Cafè Roma, Repair Cafe Roma San Paolo, Repair Cafè Pavia, Rusko – Repair Cafè Bologna, Repair Cafè Trento, Lab Barona – Repair Cafè.

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