Dall’Europa all’Italia: le comunità energetiche sono un modello consolidato

Dall'Europa all'Italia: le comunità energetiche sono un modello consolidato

Dall’Europa all’Italia: le comunità energetiche sono un modello consolidato

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Dall’Europa all’Italia: le comunità energetiche sono un modello consolidato

A cura di Silvia Martina Chiti – Green Marketing & CRX presso ForGreen Spa

Ecco come le comunità energetiche possono accelerare la transizione ecologica

Le prime comunità energetiche sono nate in Europa già a partire degli anni ’90 del secolo scorso, principalmente sotto forma di Società Cooperative. Da sempre hanno avuto l’obiettivo di promuovere la produzione ed il consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili e coinvolgere i cittadini in un utilizzo, nuovo e razionale, dell’energia autoprodotta in modo condiviso.

Si tratta di realtà normate e riconosciute al livello europeo, grazie anche all’ultima direttiva sulle rinnovabili RED II (Renewable Energy Directive), e anche a livello nazionale. Da oltre un decennio, infatti, si sta diffondendo questo nuovo modello di società elettrica capace di coinvolgere cittadini sensibili alle tematiche ambientali e di gestire il cambiamento del sistema energetico, ponendo la figura del consumatore al centro della transizione energetica.

Questi modelli energetici innovativi favoriscono infatti la nascita della figura del prosumer, termine che deriva dall’unione delle parole producer e consumer e definisce un soggetto in grado di “toccare con mano” la propria energia, perché ne conosce la provenienza e la filiera di tracciabilità.

In Italia le comunità energetiche sono regolamentate dal Decreto Milleproroghe, in particolare dall’articolo 42-bis che ha introdotto la possibilità di formare progetti di autoconsumo collettivo di energia proveniente da fonti rinnovabili, nel rispetto di alcune condizioni, fra cui:

  • il fatto che la comunità energetica non possa diventare la principale fonte di reddito per i prosumer, ma abbia come obiettivo primario quello di apportare benefici ambientali, economici e sociali alla comunità stessa e all’area circostante in cui opera;
  • il fatto che la partecipazione alla comunità energetica non sia vincolata al possesso fisico di un impianto fotovoltaico, in quanto si tratta di un modello partecipativo aperto a tutti;
  • il fatto che il totale degli impianti installati in una singola comunità energetica non possa superare i 200 kWp e la condivisione dell’energia debba avvenire attraverso la rete distributiva già esistente.

Si tratta quindi di un processo di filiera che premia la produzione locale e garantisce ai consumatori una completa tracciabilità della filiera produttiva, aumentando il valore di ciò che si consuma.  La tendenza sta crescendo e si stima che, entro il 2050, i cittadini europei che si uniranno al mercato energetico come prosumer saranno più di 250 milioni.

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